Scopri la Storia

Scopri l'origine delle Aquae Patavinae e la storia del paesaggio termale euganeo...

 

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La documentazione archeologica

Lo studio della religione romana tramite la documentazione archeologica

Se si sposta l’attenzione dai soggetti venerati agli oggetti di culto si evince che non esiste ad oggi un vero e proprio edificio sacro a Montegrotto, piuttosto vi sono indizi per riconoscere un santuario, attivo tra VII e III secolo a.C., portato in luce nell’area tra il Monte Castello e il Colle di San Pietro Montagnon.
Per l’età romana, oltre a manufatti sporadici di tipo votivo scoperti occasionalmente anche nei dintorni della città, che potrebbero far ipotizzare forme di culto presso semplici sorgenti e/o nelle vicinanze di polle d’acqua, va ricordato che poco distante dal Colle Montirone venne individuato un deposito di vasi potori, che sono stati riferiti a un’area commerciale (“emporium”) probabilmente posta nelle vicinanze di un luogo di culto. Un santuario sembra essere la struttura riportata in luce a Monteortone.
Infine, non è possibile stabilire al momento se vadano effettivamente ricondotti a Montegrotto i diciassette esemplari bronzei interpretati come responsi oracolari di divinità (“sortes”), ora in gran parte dispersi, che furono pubblicati in età rinascimentale da Aldo Manuzio.

Si leggevano sulle “sortes” i consigli dell’oracolo al fedele…
Con il termine “sortes” ci si riferisce convenzionalmente a laminette metalliche (o a tavolette lignee, ma anche a ciottoli o verghe), sulle quali venivano iscritte frasi che racchiudevano consigli della divinità oracolare interrogata dal fedele: poiché talora si trattava di responsi oscuri e non facilmente interpretabili, spettava ai sacerdoti titolari del luogo di culto spiegare il concetto in esse racchiuso.
Giacché nel comprensorio euganeo esisteva, come narra Svetonio, una sede oracolare legata a Gerione, furono attribuite proprio ad Abano-Montegrotto le diciassette laminette iscritte pubblicate dall’umanista Aldo Manuzio il Giovane nel XVI secolo, le quali, secondo l’autore, sarebbero state rinvenute a Bahareno della Montagna, fra Padova e Vicenza: una località, questa, per ora non individuata con precisione.
Resta quindi fortemente problematica la reale pertinenza a questo comparto territoriale di tali manufatti, che erano realizzati in bronzo, di forma rettangolare e con un foro su una delle due terminazioni perché potessero essere appesi, e che presentavano frasi scritte in esametri concettualmente piuttosto banali. Ne sono rimasti solo tre esemplari, conservati fra la Biblioteca Nazionale di Parigi e il Museo Archeologico di Firenze.
Essi comunque meritano di essere ricordati in quanto aprono forti suggestioni circa la loro effettiva pertinenza al santuario mantico di Gerione. Tra i responsi, si leggono i seguenti:

Credis quod deicunt? Non / sunt ita. Ne fore stultu(m).
Tu credi a quello che dice la gente? Ma non è così. Non essere sciocco.

De incerto certa ne fiant, / si sapis, caveas.
Se sei saggio, bada che dall’incerto non si venga al certo.

Est equos perpulcher, sed tu / vehi non potes istoc.
Hai un cavallo bellissimo, ma non sai cavalcarlo.

[Mendaces] homines multi sunt: / credere noli.
C’è molta gente bugiarda: non prestar fede facilmente.

Nunc me rogas?, nunc / consulis? Tempus abit iam.
Ora me lo chiedi? ora mi consulti? È già passato il momento giusto.


Due esemplari delle sortes di Bahareno della Montagna (da DEGRASSI A. 1962, Le sortes di Bahareno della Montagna, in A. DEGRASSI, Scritti vari di antichità, Roma, pp. 1019-1026, fig. 1)

Dai pressi del Colle di San Pietro Montagnon emersero vari oggetti di culto e iscrizioni
In prossimità del santuario tra Monte Castello e il Colle di San Pietro Montagnon sono documentati alcuni ritrovamenti avvenuti in epoche diverse. Nelle vicinanze della chiesa parrocchiale dei SS. Pietro ed Eliseo presso l’attuale Montegrotto sono stati recuperati alcuni oggetti di tipo cultuale, fra cui una paletta rituale, possibile dono votivo da parte dei fedeli a una divinità, e un’iscrizione che ricorda una dedica a “Fons” o a “Fortuna “, a seconda dell’interpretazione della sigla “F”.
Inoltre, nei pressi dell’Hotel Vulcania, poco prima di Piazza Roma, si rinvenne una lamina in bronzo con dedica a Vulcano (ora in collezione privata), e sempre da qui, in un luogo non distante dal santuario, a sud dell’odierna Piazza Roma (sede del Municipio), oltre a un grande capitello corinzio decorato con elementi vegetali e teste di leoni, di ignota provenienza, si trovò un altare modanato iscritto, il testo del quale, tuttavia, risulta illeggibile.
Infine, dalle pendici sud-occidentali del Colle proviene un braccio votivo in bronzo, dedicato presumibilmente da un fedele per una richiesta di guarigione.


I reperti oggi conservati all’Hotel Vulcania: a sinistra, il capitello corinzio; a destra, il frammenti altare con modanature

In località “la Cazetta” furono recuperate due iscrizioni di età romana…
Fra il 1826 e il 1827 presso la località “La Cazetta”, di fronte all’attuale Hotel Terme Neroniane, fu portato in luce un grande edificio ora non visibile, che venne interpretato a quel tempo come un tempio, anche se non esiste ad oggi alcun elemento per confermare tale lettura. L’epistilio dell’architrave, costituito da quattro frammenti in trachite euganea (perduti), presentava una iscrizione riconducibile a un principe giulio-claudio, forse lo stesso Tiberio. Un’altra iscrizione molto frammentaria in marmo greco rinvenuta sempre a “La Cazetta” potrebbe essere pertinente forse a un augure o a un augustale oppure anche ad un imperatore. Pertanto, mancano elementi che consentano di riconoscere con sicurezza questo luogo come un’area sacra.


Disegno dei due frammenti di iscrizione riconducibile all’imperatore Tiberio

A Montegrotto Terme si rinvennero sporadicamente vari oggetti di culto di età romana…
Fra gli oggetti di tipo cultuale si distinguono alcuni manufatti di cui si ignora l’esatta provenienza, ma che dimostrano forme di devozione nei confronti di diverse divinità.
Vanno ricordate due statuette attribuite ad Arpocrate, una dall’area dell’Azienda di Cura in proprietà Trieste, ora ai Musei Civici agli Eremitani di Padova, un’altra, dagli scavi compiuti per conto di Dondi dell’Orologio fra il 1781 e il 1788 nell’attuale area archeologica di viale Stazione / via degli Scavi, all’interno di una vasca termale: la prima è stata di recente interpretata come un Asclepio, mentre la seconda, di cui non si conosce ad oggi la collocazione, sembra appartenere più chiaramente al complesso termale di viale Stazione / via degli Scavi, dallo stesso contesto areale da cui emersero la famosa statua del cd. Esculapio, ora al Museo Archeologico Nazionale di Venezia, il piede di una statua colossale segnalato da Salvatore Mandruzzato, e una iscrizione di un sacerdote di Iside.
Inoltre, da via Neroniana, nei pressi dell’Hotel Zurigo, si recuperò un’erma marmorea con la testa di Giove, ora in una collezione privata, mentre non si conosce l’esatto luogo di rinvenimento di un bronzetto, anch’esso raffigurante Giove e trovato genericamente nel territorio euganeo; da Abano proviene pure una statuetta di Mercurio, attualmente ai Musei Civici agli Eremitani di Padova, forse appartenuta a uno spazio cultuale privato.
Infine, alcuni “ex voto” anatomici, molti dei quali dispersi, sono stati trovati occasionalmente nelle campagne di Abano e di Montegrotto: spiccano i piedini conservati ai Musei Civici agli Eremitani di Padova, che sembrano interpretabili appunto come votivi anatomici più che come supporti per mobili.
È plausibile riconoscere in tali oggetti forme di devozione verso fonti sacralizzate situate nei dintorni del nucleo termale principale, dove potevano trovarsi luoghi di culto e depositi votivi frequentati dalla popolazione stanziata nelle campagne.


Tra Monte Castello e il Colle di San Pietro Montagnon, tra VII e III secolo a.C. c’era un santuario
Nell’area dell’Hotel Terme Preistoriche sono stati rinvenuti numerosi materiali riferibili a un luogo di culto, frequentato assiduamente tra la seconda metà del VII e il III secolo a.C. (età del Ferro) e incentrato su uno specchio d’acqua, ora scomparso, alimentato dall’affioramento di polle d’acqua fumante. Qui, per secoli, i devoti offrivano sacrifici a una divinità delle acque termali, e deponevano sulle sponde “ex voto” in miniatura, quali vasi di ceramica e statuette di bronzo raffiguranti per lo più cavalieri e cavalli.


Ipotesi ricostruttiva del santuario localizzato nell’area tra Monte Castello e il Colle di San Pietro Montagnon, VII – III secolo a.C. (disegno di InkLink)

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