Scopri la Storia

Scopri l'origine delle Aquae Patavinae e la storia del paesaggio termale euganeo...

 

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L’età moderna

Dal 1405 la Serenissima ha il pieno controllo politico della terraferma, che anche nel territorio euganeo si manifesta attraverso una capillare presenza di grandi famiglie veneziane, proprietarie di vasti appezzamenti di terre coltivabili su cui si insediano con edifici spesso di grande pregio architettonico, ville e palazzi, in cui trascorrono generalmente i mesi estivi. Anche la rete di chiese e conventi, già presenti nel territorio, passa sotto il controllo veneziano, come attesta ad esempio la bolla di Pio II che nel 1461 sancisce il passaggio di tutti i beni dell’Abbazia benedettina di S. Daniele in Monte ad Abano, che possedeva anche il molino del Montirone, alla Congregazione dei Canonici regolari di S. Salvatore di Venezia.

L’Abbazia benedettina di San Daniele in Monte ad Abano

Continuano in questo periodo gli interventi di bonifica di un territorio da sempre soggetto ad impaludamento, ma minore attenzione viene data agli stabilimenti balneari termali, che i veneziani spesso davano in affitto, come registra una lettera ducale del 1554 ai Riformatori dello Studio di Padova, l’Università dell’epoca, allo scopo di nominare alcuni “sovrintendenti à rimetter i Bagni d’Abbano ed altri circonvicini andati in total rovina”.

Eco del rinnovato interesse per la zona termale euganea si ha nell’opera di Angelo Portenari “Della felicità di Padova”, che nel 1623 elenca e descrive le sorgenti presenti nel territorio, le loro caratteristiche, le potenzialità terapeutiche e le strutture ad esse dedicate.

Thermae Aponenses in agro patavino: rappresentazione del bacino termale aponense di Francesco Bertelli (XVII secolo)


Risale probabilmente a qualche decennio più tardi (metà del XVII secolo) la più antica rappresentazione del bacino termale aponense, conservata in una veduta di Francesco Bertelli, intitolata “Thermae Aponenses in agro patavino”, in cui con grande vivacità sono delineate sorgenti fumanti, chiese e ville, strutture utilitarie quali il molino del Montirone, bagni e una grande piscina pubblica (“Bagno Comun”), ma anche un edificio per l’accoglienza dei frequentatori di passaggio, definito “Osteria di Abano”; l’intero quadro è popolato da viandanti, bagnanti, gente impegnata in attività lavorative e animali: un cane e un asinello sono presenti in primo piano.


I nuovi interessi medici e scientifici

Il territorio, che già nei secoli precedenti era noto e frequentato dai medici del tempo, come Pietro d’Abano o Giovanni Dondi, medico di Francesco Petrarca, nel XIV secolo o Michele Savonarola nel XV, fu oggetto di grande interesse medico e scientifico a partire dal XVI secolo, quando nel 1553 fu pubblicato il trattato “De balneis”, opera in cui per la prima volta si offre un quadro generale del termalismo in Italia.

Copertina del Libretto d'opera 'I Bagni di Abano' di Carlo Goldoni tratto da Opere teatrali, Venezia, Antonio Zatta, 1794

Nel ‘600 e soprattutto nel ‘700 si moltiplicano gli studi, grazie anche alla vicinanza di Padova, con la sua Università, all’area termale euganea: va ricordato in particolare Domenico Vandelli, medico, farmacologo e naturalista, autore di una serie di scritti tra cui un trattato sulle terme patavine, pubblicato a Padova nel 1761, in cui sono descritte con molta precisione le diverse sorgenti presenti nella zona e le loro caratteristiche. Immediata conseguenza di un lavoro che metteva in luce le potenzialità del territorio per quanto riguarda lo sfruttamento termale, ma anche le condizioni di degrado degli stabilimenti esistenti, fu un’altra lettera ducale datata al 1767, con cui si richiamava l’importanza di riportare le antiche terme padovane alla loro celebrità “e frequenza a beneficio dei sudditi e degli esteri, per decoro del principato e per un attivo commercio”. Si inseriscono in questo contesto di grande interesse per l’area termale anche studi di carattere storico e culturale; a tale proposito va ricordato che il veneziano Carlo Goldoni scrisse una commedia, composta nel 1753, intitolata “I bagni di Abano”.
Si moltiplicano da allora le iniziative per migliorare strutture e viabilità, accanto a ricerche mirate ad una maggiore conoscenza del territorio, compreso il suo passato più lontano. Fondamentale al riguardo è la monumentale opera intitolata “De’ bagni di Abano” di Salvatore Mandruzzato, medico ma anche autore di vere e proprie campagne di scavo archeologico, che restituisce anche graficamente una particolareggiata descrizione del territorio tra fine ‘700 e inizio ‘800. Terreni e sorgenti sono ormai in mano a poche famiglie, padovane e veneziane, quali Dondi dell’Orologio, Morosini, Todeschini, Trieste, impegnate nello sfruttamento sempre più consistente del termalismo, con la realizzazione di imponenti strutture ricettive e balneari, alla cui opera fu chiamato anche uno dei più grandi architetti dell’epoca, Giuseppe Jappelli. L’importanza dell’area termale euganea è tale che il 20 agosto 1825 l’imperatore d’Austria Francesco I visita Abano, come ricorda il complesso architettonico celebrativo realizzato al Montirone.

Il Montirone e gli storici Alberghi Trieste Vittoria e Reale Orologio

Le terme patavine oggi

Da quel momento in poi il comprensorio euganeo fu oggetto di interventi sempre più radicali e disordinati finalizzati allo sfruttamento della risorsa termale e oggi il sito conta più di 120 strutture alberghiere. Nel tessuto urbanizzato dell’area termale euganea, attualmente ripartita tra i due Comuni di Abano e Montegrotto Terme, si riconoscono ancora le tracce di un insediamento che si è evoluto nel tempo, pur mantenendosi strettamente ancorato alla presenza delle sorgenti termali, oggi accessibili solo attraverso lo scavo di pozzi profondi: le peculiarità di quest’acqua, le cui potenzialità terapeutiche sono riconosciute a livello internazionale, ne fanno uno dei centri più rinomati e frequentati d’Europa, in cui si leggono, senza soluzione di continuità, le diverse fasi di vita e di frequentazione dal I millennio a.C. ad oggi.